Archivio per febbraio, 2013

Il dovere di conoscere!

Pubblicato: 22 febbraio 2013 da fabiole in ambiente, decrescita, democrazia, diritti, notav, politica
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mediadi Gruppo Consiliare Progetto Partecipato

Il Gruppo Progetto Partecipato sostiene l’incontro che si terrà sabato 23 febbraio 2013 dalle 9,30, al Cinema Massimo di via Verdi 18 a Torino.

Il movimento NOTAV organizza un’assemblea pubblica su una doppia truffa: quella del Treno Alta Velocità e quella del processo a chi denuncia l’inutilità dell’opera e si oppone alla sua costruzione.

Il titolo dell’assemblea è “La città deve sapere”: la cittadinanza deve sapere che il TAV è una doppia truffa!

Da una parte, lo Stato utilizza decine di miliardi di euro provenienti dalle tasse dei cittadini non per affrontare la crisi in atto creando occupazione e aiutando disoccupati e lavoratori in difficoltà, non per risolvere la crisi in atto investendo in salute, scuola, ricerca e socialità ma per realizzare un’infrastruttura non sostenibile, dannosa e inutile:

–          Non sostenibile poiché i lavori devastano il territorio di una valle alpina il cui ecosistema è già irrimediabilmente compromesso da una linea ferroviaria, un’autostrada e due strade statali, inquinando ed esponendo la popolazione locale ad un comprovato rischio-amianto.

–          Dannosa essendo una spesa che alimenta un giro d’affari a esclusivo beneficio delle imprese appaltanti, sub-appaltanti e fornitrici e non per la comunità valsusina e italiana, fornendo un richiamo irresistibile per investimenti a dir poco di dubbia provenienza.

–          Inutile perché sebbene sia stata costosamente ammodernata, la linea ferroviaria esistente è ampiamente sotto-utilizzata e ormai da anni registra un decremento del volume di traffico passeggeri e merci.

Oltre ad essere una truffa in sé, il TAV è anche e soprattutto una truffa per sé: è la truffa alla democrazia. Non è democratica, infatti, una società che taglia servizi vitali per i cittadini e spende per opere non sostenibili, dannose e inutili. Non è democratica una società che spende per inaffidabili aerei militari mentre aumenta le imposte addirittura tassando in modo crescente un bene primario come la casa. Non è democratica una società che costringe ogni generazione a sacrifici e austerità, spendendo allo stesso tempo la ricchezza prodotta dai cittadini stessi per pagare gli interessi d’un debito non contratto da loro e del quale non conoscono i creditori.

I responsabili arricchiti e impunti di questa doppia truffa chiamano “violenza” e “disordine pubblico” il dissenso e la manifestazione del dissenso, reprimendo con la militarizzazione i cittadini che sempre più numerosi denunciano, opponendosi a una decisione che ignora la volontà popolare, benché assunta da chi il popolo dovrebbe rappresentarlo: il Parlamento.

Lo stesso Parlamento che, dopo più d’un anno d’occupazione da parte d’un governo non eletto e quindi illegittimo, grazie alla “truffa delle truffe” che gli arricchiti e gli impuniti chiamano “legge elettorale” sta apprestandosi con le imminenti elezioni nazionali ad essere nuovamente occupato, da parte d’una presumibile maggioranza che, per quanto forse diversa nella forma, non muterà certo nella sostanza: per esempio proprio perseguendo ed intensificando l’occupazione militare della Valle di Susa per reprimerne il dissenso e l’opposizione al TAV.

Sabato prossimo, i magistrati Livio Pepino e Ferdinando Imposimato ci parleranno di truffe, di civiltà e di futuro con alcuni esponenti del movimento NOTAV e con tutti coloro che vogliono informarsi e agire nel nome della difesa del territorio, dell’ambiente e della democrazia.

“Diffida della falsa conoscenza, è molto peggiore dell’ignoranza.”

 George Bernard Shaw

P.S: I legali del legal team NoTav lavorano quotidianamente in modo gratuito come militanti, ma i costi vivi sono molto alti.
Io ho appena versato un piccolo contributo alla causa dal Conto Progetto Partecipato. Fatelo anche voi, se condividete:

c.c.p. 1004906838

IBAN: IT22L0760101000001004906838

Intestazione: Pietro Davy.

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Rising Everyday

Pubblicato: 20 febbraio 2013 da fabiole in democrazia, diritti, politica, Senza categoria, solidarietà

di Fabrizio Biolé

Si è svolta pochi giorni fa, il 14 febbraio 2013, la manifestazione internazionale contro il femminicidio e la violenza contro le donne, il “One Billion Rising” che ha visto in tutte le città italiane manifestazioni e flash mobs dedicati alle vittime e al cambiamento rispetto alla tragica situazione del nostro paese. Come rappresentante pro-tempore ho aderito all’evento organizzato nella mia città e che ha avuto un buon successo di presenza.

I dati relativi al femminicidio ed alla violenza su donne, ragazze, bambine sono snocciolati in modo massivo ormai dalla maggior parte dei media, a partire dai giornali locali per arrivare a libri a diffusione nazionale, che analizzano la problematica da diversi punti di vista.

Si trattava di una specie di analisi di nicchia, quasi nascosta –per pudore? per reticenza? – fino a qualche anno fa dai mezzi di informazione di massa, che è diventata, anche grazie alle decine di associazioni che da anni faticosamente seguono gli sviluppi della grave problematica, di dominio pubblico e questo è un bene; molto meno buono il quadro che dalle statistiche e dai numeri esce della società italiana, e in specifico degli abusi perpetrati ancora giornalmente ai danni di madri, compagne, figlie, amiche.

mataL’analisi delle cause è piuttosto complessa, e dipende ovviamente dal contesto socio-culturale-religioso in cui si è sviluppata la società italiana negli anni. Cionondimeno ritengo essenziale per una rapida evoluzione verso la civiltà del rispetto, che l’argomento continui ad essere trattato, citato ed affrontato quotidianamente, proprio per questo ho preferito scriverne dopo alcuni giorni dall’evento mondiale: l’attenzione deve essere costantemente alta!

Il femminicidio, neologismo che ormai quasi ha sostituito la definizione giuridica, ma restrittiva di “uxoricidio” ha dati allarmanti anche nella nostra Regione: da un rapporto ufficiale (pur se non completamente esaustivo, per evidenti difficoltà), se in Italia i decessi sono stati 2061 negli anni 2000-2011, il Piemonte nello stesso periodo ne ha visti 122 e la media si è purtroppo alzata con il passare del tempo, con un tasso piemontese 2012 del 4,5 omicidi di donne su milione di abitanti.

Ed ecco il dato che più mi ha colpito: il tragico evento rappresenta in Italia la prima causa di morte delle donne tra i 15 e i 44 anni e l’incremento negli ultimi anni rispetto ai precedenti si attesta sul 5-6%.

A livello internazionale, il nostro paese è rappresentato come il secondo in Europa rispetto alla gravità del fenomeno e le Nazioni Unite parlano ufficialmente del femminicidio in Italia, grazie anche ai continui ritardi con cui lo Stato italiano recepisce le convenzioni internazionali, alla stregua della situazione messicana, additata agli onori della cronaca per i fatti, sempre troppo poco conosciuti e dibattuti, di Ciutad Juarez.

Credo che sia anche importante sottolineare come ancora per la buona parte delle persone la violenza domestica (che da dati certi, pur nelle differenze di intensità e gravità, tocca l’80% dei contesti familiari) non venga percepita come reato, si tende per lo più a dare delle giustificazioni che si basano sui proverbiali “panni lavati in casa propria”, e temo sia il motivo principale per cui per anni la problematica è rimasta tristemente di nicchia.

Vogliamo poi accennare alle improvvide sporadiche uscite di rappresentanti ecclesiastici che eufemisticamente potremmo definire misogini?

In ultimo: non dimentichiamoci che la violenza di genere si consuma quotidianamente anche in affermazioni e atteggiamenti di ominicchi molto in vista, così come nello stereotipo mediatico-pubblicitario ancora così difficile da estirpare; per non parlare di tutte le problematiche legate alle discriminazioni nel settore del lavoro, frutto di becere abitudini, irrispettosi comportamenti e, vizio tipicamente italiano, irrispettate o inattuali prescrizioni legislative.

In questa legislatura l’Ente Regione Piemonte, insieme con il Consiglio, ha dimostrato fasi alterne che vanno dal supporto ed il coordinamento delle iniziative territoriali a favore delle donne, della loro tutela e della loro autodeterminazione come collettività e come singoli individui, a prese di posizione politiche incomprensibili e frutto spesso solo di bassi accordi preelettorali: tra le tante il sistematico supporto all’obiezione di coscienza sulla somministrazione della pillola abortiva, in spregio alla sudata legge 194, o il tentativo di distruzione dell’esperienza d’eccellenza legata al sistema dei consultori pubblici piemontesi. Su questo mi espressi anche in aula consiliare qualche tempo fa.

“One billion rising” mi ha dato modo anche di inaugurare per una causa importante e urgente il sostegno derivante dal Conto Progetto Partecipato a iniziative territoriali slegate dalla stretta attività del gruppo consiliare che rappresento, con il pagamento tramite bonifico delle spese SIAE per la partecipata manifestazione del 14 febbraio a Cuneo, a fronte di ricevuta.

il mio votodi Gruppo Consiliare Progetto Partecipato

Prosegue la mobilitazione per l’attuazione dei risultati dei referendum sull’acqua bene comune del 12 e 13 giugno 2011.

Il 28 dicembre 2012 l’Authority dell’Energia Elettrica e del Gas (AEEG), dopo i referendum,  aveva varato una  tariffa idrica che di fatto cancellava i risultati referendari di giugno 2011, reinserendo quanto abrogato dal voto democratico.

Come faremo presente attraverso uno specifico ordine del giorno di prossimo deposito in Consiglio Regionale (non è il primo e, purtroppo, non sarà l’ultimo), recentemente il Consiglio di Stato, con il parere n° 267 del 25 gennaio 2013, ha decretato che l’abrogazione del 7% di remunerazione del capitale investito – obiettivo raggiunto con il secondo quesito che aveva raggiunto il 95% dei consensi – doveva avere effetto immediato a partire dal 21 luglio 2011, data di promulgazione dell’esito referendario.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha denunciato ogni tentativo di scippo della sovranità sull’esito referendario al popolo italiano e ha anche chiesto le dimissioni dei vertici dell’AEEG, che nonostante il parere del Consiglio di Stato ha varato tariffe “truffa” ancora comprensive del 7%, proseguendo nel furto di democrazia e cancellando il voto democratico, popolare e sovrano dei cittadini del 12 e 13 giugno 2011.

La nuova tariffa idrica deve essere decurtata del 7% che i cittadini italiani hanno continuato a pagare illegalmente fino ad oggi e che quindi va restituito alle famiglie.

Sabato 9 febbraio alle h 15.00 in piazza palazzo di Città, di fronte al Municipio, il Comitato Acqua Bene Comune di Torino ha organizzato una manifestazione: il popolo dell’acqua torna in piazza per ribadire che  si scrive acqua e si legge democrazia!

Fuori l’acqua dal mercato, fuori il profitto dall’acqua! (fg)

monete

di Fabrizio Biolé

Fin dal maggio 2010, come promesso in campagna elettorale, con l’autentica convinzione che tutti i lavoratori onesti debbano percepire una retribuzione dignitosa allo stesso modo e senza privilegi per nessuno, ho rinunciato a trattenere per me buona parte degli emolumenti mensili che mi sono stati erogati dal Consiglio Regionale.

Per capirci: fino a dicembre 2012, la retribuzione del consigliere regionale piemontese era composta da più parti: una fissa e diverse variabili. Il totale, a seconda del ruolo ricoperto, dell’indirizzo di residenza e della partecipazione alle sedute istituzionali, andava da circa 8000 euro a circa 12500 euro netti.

La parte variabile era dovuta ai gettoni di presenza alle sedute (122 euro l’uno), anche forfettari, alla distanza della residenza da Torino (49 eurocent a km), con rimborsi variabili e forfettari, ed all’incarico ricoperto (capogruppo, ufficio di presidenza di commissione e del consiglio).

Consultate le mie buste paga come esempio.

Oggi, con la legge approvata a fine dicembre 2012, la retribuzione è stata – ancora troppo poco, dal mio punto di vista – ridotta e semplificata; oggi è composta da tre parti: l’indennità di carica, l’indennità di funzione ed il rimborso spese di esercizio del mandato, così determinate:

–          Indennità di carica: 6600 euro lordi fissi mensili per tutti.

–          Indennità di funzione: variabile da 0 a 2700 euro lordi mensili, a seconda della funzione.

–          Rimborso spese: 4500 euro netti a tutti, decurtati in caso di assenza dalle sedute (-150 euro a seduta)

Trattenendo per me solo 2.500 euro al mese, più 20 eurocent/km di rimborso spese di trasporto con mezzo privato più l’abbonamento annuale ai mezzi pubblici ed eventuali biglietti specifici, l’avanzo, a partire dal 2010, confluisce in un fondo destinato a finanziare attività slegate da quella politica, prima del gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle, ed, in seguito, del Gruppo Misto Progetto Partecipato.

Ad oggi il cosiddetto “Conto Progetto Partecipato” ammonta a circa 125.000  euro, secondo estratto conto aggiornato (immagine in basso) e verrà utilizzato in base ai princìpi di trasparenza, valenza collettiva e tracciabilità.

conto progetti al 5 febbraio 2013

I progetti, finanziabili in base alla rispondenza ai principi fondanti del gruppo, nascono in tre modi principali:

–          Su iniziativa del consigliere.

–          Su richiesta di realtà esterne che direttamente al gruppo si rivolgono.

–          Su iniziative di democrazia diretta, in cui i progetti vengono proposti e votati dai presenti.

Si tratta di progetti che generalmente riguardano:

–          La salvaguardia dell’ambiente

–          La decrescita

–          Il sostegno ad attività sociali

–          le emergenze regionali e/o nazionali

–          L’innovazione sostenibile nei vari campi

–          La formazione, la cultura e l’informazione libera

–          La democrazia diretta e partecipata

–          La solidarietà e la lotta alla discriminazione e alla violenza

–          Sostegno giuridico a battaglie condivise

Al momento le proposte provenienti da realtà esterne che prenderemo in considerazione sono quelle che risponderanno ai requisiti su descritti e che saranno inseriti sul forum dei progetti partecipati dopo essservisi registrati, indicando dati, preventivi e obiettivi il più possibile precisi, con la possibilità di una certificazione dell’acquisto, in modo da rendere estremamente trasparente l’utilizzo del fondo.

Dopo la prima selezione a cura del Gruppo, esse verranno pubblicate in una sezione apposita del sito www.fabriziobiole.org, con la possibilità temporanea di essere commentate.

L’azione del Conto Progetto Partecipato non vuole né può sostituirsi al sostegno di enti e fondazioni, ma è un piccolissimo esempio, molto concreto, di utilizzo intelligente e condiviso di risorse altrimenti confluite ad alimentare il privilegio di pochi.

Resta inteso che l’accettazione definitiva del finanziamento di un determinato progetto è a libera discrezione del Consigliere, in quanto unico responsabile dell’uso dei fondi del conto Progetto Partecipato.

P.S. Allo scopo di rispondere al principio di massima trasparenza, QUI trovate il link all’estratto conto del Conto Progetti del Gruppo Consiliare MoVimento 5 Stelle, fino al giorno della nascita del Conto Progetto Partecipato, in cui è confluita la parte non percepita dei miei emolumenti al netto delle contribuzioni erogate fino alla fine del 2012.

terradi Gruppo Consiliare Progetto Partecipato

Il paradigma culturale dominante della nostra epoca è:l’aumento e la diffusione del benessere è possibile esclusivamente con la crescita degli indici di produzione e consumo.

Due considerazioni conseguono da tale assunto:

1)      se non c’è crescita, non c’è benessere: questa situazione è chiamata “crisi”

2)      se si vuole di nuovo il benessere, bisogna crescere: questa è l’unica soluzione atta a risolvere la “crisi”

Questa costruzione sillogistica “la crescita ci ha fatti vivere bene” – “se adesso viviamo male è perché non c’è più crescita” – “se vogliamo viver bene dobbiamo ritornare a crescere” è un paradigma culturale: a suo suffragio, infatti, centinaia di milioni di articoli sono stati scritti da accademici, politici e intellettuali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, cioè nel periodo storico iniziato con la poderosa ascesa della parabola della crescita – materiale prima, finanziaria poi – ed oggi contrassegnato da una crisi che segna la fine di quella parabola.

Tale paradigma culturale, inoltre, è dalla Seconda Guerra Mondiale dominante su ogni altro, per due essenziali ragioni.

Da una parte, tranne rare ed effimere eccezioni, i media e i governi hanno sistematicamente sempre criticato e avversato chi durante la fase del benessere sosteneva che quello della crescita non fosse l’unico modello di produzione e consumo possibile: per esempio, perché non sostenibile umanamente, a causa dell’alto costo inflitto alla maggioranza dell’umanità da un sistema concepito per garantire benessere esclusivamente ad una minoranza dell’umanità.

Dall’altra parte, tranne rare ed effimere eccezioni, dall’inizio della crisi i media e i governi hanno sistematicamente sempre criticato e avversato chi sostiene che per risolvere la crisi occorre considerare non solo i fattori umani bensì anche ambientali: ovvero, il costo inflitto alla natura per far ripartire un sistema concepito per concentrarsi sui bisogni della produzione e del consumo dell’umanità senza neanche verificarne gli effetti sulla propria specie – in primis squilibri demografici e di qualità della vita, nonché guerre, carestie ed emigrazioni – sugli altri esseri viventi del pianeta – animali e piante – sugli ecosistemi – oceani, foreste, ghiacciai, barriere coralline ecc. e sui cicli biologici – per esempio, quello dell’ossigeno e dell’anidride carbonica o quello della riproduzione delle specie.

Con un appello sintetico e documentato, un gruppo di scienziati e ricercatori italiani (tra cui Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, e Angelo Tartaglia, docente al Politecnico di Torino) sfida il paradigma dominante: sfida il dogma della crescita, affermando che non vi può essere una crescita infinita – cioè senza limiti nel tempo e nello spazio – in un mondo di risorse finite – ovvero sono presto o tardi soggetto comunque all’esaurimento, a prescindere dalle tecniche ideate e usate per prevenirlo, controllarlo o nasconderlo.

Nessuno delle centinaia di firmatarie e dei centinaia di firmatari dell’appello “La Terra non si governa con l’economia. Le Leggi di natura prevalgono sulle leggi dell’uomo” si propone di dissimulare la gravità e la vastità della crisi in corso.

Tutt’altro.

Il loro primo intento è quello d’informare sull’esistenza d’una crisi più complessa e grave di quella che ci viene presentata come una crisi semplicemente economica, o culturale o politica o sociale o tutte queste tipologia di crisi insieme.

Ampliando ulteriormente il campo d’indagine, essi affermano piuttosto che l’attuale crisi sia anche economica, culturale, politica e sociale ma innanzitutto si manifesti come crisi ambientale, una crisi per altro sempre più nefasta ed irreversibile mese dopo mese.

La crescita, essi affermano, è il paradigma fondante i “programmi dei governi”. Se prima della crisi la crescita economica comportava la decrescita della naturalità del pianeta, con “costi immani”, essi notano come a partire dal 2008 “le risorse finanziarie degli Stati sono insufficienti” a sostenere la crescita. Oltre che risultare costosi ed inefficienti, i programmi dei governi basati sulla crescita sono “irrealizzabili a causa dei limiti fisici del pianeta”.

Tuttavia, prendendo atto del fatto che la questione della sostenibilità ambientale sia stata “estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni” e sia “oggi assente dalla campagna elettorale”, i promotori e firmatari dell’appello avanzano una proposta chiara e urgente.

Poiché il “complesso di leggi naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di anni non è disponibile a negoziati e non attende le decisioni umane”, l’appello avanza la richiesta precisa e forte di un “confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla Terra – i flussi di energia e di materia – e non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una sovrastruttura culturale dell’Umanità ormai completamente disconnessa dalla realtà fisico-chimico-biologica”.

A noi la scelta: se accettare il paradigma dominante, con la sua intrinseca insostenibilità umana ed ambientale e la sua crisi non risolvibile ricorrendo nuovamente alla crescita, a differenza purtroppo di come ostinatamente i governi decidono d’agire.

Oppure sfidare l’idolo della crescita: sulla base di dati certi, non di “cortine d’indifferenza” determinate dalla propaganda dei media.

Smettere di credere nel mito della crescita può forse non esser l’antidoto alla pericolosa crisi che l’umanità e il pianeta stanno attraversando: sicuramente, cambiare il nostro paradigma è il primo passo per costruire un mondo più a misura di chi ci vive – uomini, animali, piante, ecosistemi, ecc. – e non di beni senza vita come il denaro.

Condivido appieno questa proposta al confronto.  Perciò ho depositato un ordine del giorno.

Ritengo infatti che il Consiglio regionale debba attivarsi per garantire questo confronto, così strategico per il nostro presente e vitale per il nostro futuro: tra chi difende il fallimentario e crudele paradigma dominante all’origine della crisi in corso e chi vuole invece costruire qui e subito un’alternativa, oltre il dogma della crescita infinita che assicura profitto infinito per pochi condannando i molti alla catastrofe.

(dm)