CRESCITA VS. CRISI: E’ L’ORA DI UN VERO CONFRONTO!

Pubblicato: 4 febbraio 2013 da fabiole in ambiente, decrescita, diritti, Economia, energia

terradi Gruppo Consiliare Progetto Partecipato

Il paradigma culturale dominante della nostra epoca è:l’aumento e la diffusione del benessere è possibile esclusivamente con la crescita degli indici di produzione e consumo.

Due considerazioni conseguono da tale assunto:

1)      se non c’è crescita, non c’è benessere: questa situazione è chiamata “crisi”

2)      se si vuole di nuovo il benessere, bisogna crescere: questa è l’unica soluzione atta a risolvere la “crisi”

Questa costruzione sillogistica “la crescita ci ha fatti vivere bene” – “se adesso viviamo male è perché non c’è più crescita” – “se vogliamo viver bene dobbiamo ritornare a crescere” è un paradigma culturale: a suo suffragio, infatti, centinaia di milioni di articoli sono stati scritti da accademici, politici e intellettuali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, cioè nel periodo storico iniziato con la poderosa ascesa della parabola della crescita – materiale prima, finanziaria poi – ed oggi contrassegnato da una crisi che segna la fine di quella parabola.

Tale paradigma culturale, inoltre, è dalla Seconda Guerra Mondiale dominante su ogni altro, per due essenziali ragioni.

Da una parte, tranne rare ed effimere eccezioni, i media e i governi hanno sistematicamente sempre criticato e avversato chi durante la fase del benessere sosteneva che quello della crescita non fosse l’unico modello di produzione e consumo possibile: per esempio, perché non sostenibile umanamente, a causa dell’alto costo inflitto alla maggioranza dell’umanità da un sistema concepito per garantire benessere esclusivamente ad una minoranza dell’umanità.

Dall’altra parte, tranne rare ed effimere eccezioni, dall’inizio della crisi i media e i governi hanno sistematicamente sempre criticato e avversato chi sostiene che per risolvere la crisi occorre considerare non solo i fattori umani bensì anche ambientali: ovvero, il costo inflitto alla natura per far ripartire un sistema concepito per concentrarsi sui bisogni della produzione e del consumo dell’umanità senza neanche verificarne gli effetti sulla propria specie – in primis squilibri demografici e di qualità della vita, nonché guerre, carestie ed emigrazioni – sugli altri esseri viventi del pianeta – animali e piante – sugli ecosistemi – oceani, foreste, ghiacciai, barriere coralline ecc. e sui cicli biologici – per esempio, quello dell’ossigeno e dell’anidride carbonica o quello della riproduzione delle specie.

Con un appello sintetico e documentato, un gruppo di scienziati e ricercatori italiani (tra cui Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, e Angelo Tartaglia, docente al Politecnico di Torino) sfida il paradigma dominante: sfida il dogma della crescita, affermando che non vi può essere una crescita infinita – cioè senza limiti nel tempo e nello spazio – in un mondo di risorse finite – ovvero sono presto o tardi soggetto comunque all’esaurimento, a prescindere dalle tecniche ideate e usate per prevenirlo, controllarlo o nasconderlo.

Nessuno delle centinaia di firmatarie e dei centinaia di firmatari dell’appello “La Terra non si governa con l’economia. Le Leggi di natura prevalgono sulle leggi dell’uomo” si propone di dissimulare la gravità e la vastità della crisi in corso.

Tutt’altro.

Il loro primo intento è quello d’informare sull’esistenza d’una crisi più complessa e grave di quella che ci viene presentata come una crisi semplicemente economica, o culturale o politica o sociale o tutte queste tipologia di crisi insieme.

Ampliando ulteriormente il campo d’indagine, essi affermano piuttosto che l’attuale crisi sia anche economica, culturale, politica e sociale ma innanzitutto si manifesti come crisi ambientale, una crisi per altro sempre più nefasta ed irreversibile mese dopo mese.

La crescita, essi affermano, è il paradigma fondante i “programmi dei governi”. Se prima della crisi la crescita economica comportava la decrescita della naturalità del pianeta, con “costi immani”, essi notano come a partire dal 2008 “le risorse finanziarie degli Stati sono insufficienti” a sostenere la crescita. Oltre che risultare costosi ed inefficienti, i programmi dei governi basati sulla crescita sono “irrealizzabili a causa dei limiti fisici del pianeta”.

Tuttavia, prendendo atto del fatto che la questione della sostenibilità ambientale sia stata “estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni” e sia “oggi assente dalla campagna elettorale”, i promotori e firmatari dell’appello avanzano una proposta chiara e urgente.

Poiché il “complesso di leggi naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di anni non è disponibile a negoziati e non attende le decisioni umane”, l’appello avanza la richiesta precisa e forte di un “confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla Terra – i flussi di energia e di materia – e non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una sovrastruttura culturale dell’Umanità ormai completamente disconnessa dalla realtà fisico-chimico-biologica”.

A noi la scelta: se accettare il paradigma dominante, con la sua intrinseca insostenibilità umana ed ambientale e la sua crisi non risolvibile ricorrendo nuovamente alla crescita, a differenza purtroppo di come ostinatamente i governi decidono d’agire.

Oppure sfidare l’idolo della crescita: sulla base di dati certi, non di “cortine d’indifferenza” determinate dalla propaganda dei media.

Smettere di credere nel mito della crescita può forse non esser l’antidoto alla pericolosa crisi che l’umanità e il pianeta stanno attraversando: sicuramente, cambiare il nostro paradigma è il primo passo per costruire un mondo più a misura di chi ci vive – uomini, animali, piante, ecosistemi, ecc. – e non di beni senza vita come il denaro.

Condivido appieno questa proposta al confronto.  Perciò ho depositato un ordine del giorno.

Ritengo infatti che il Consiglio regionale debba attivarsi per garantire questo confronto, così strategico per il nostro presente e vitale per il nostro futuro: tra chi difende il fallimentario e crudele paradigma dominante all’origine della crisi in corso e chi vuole invece costruire qui e subito un’alternativa, oltre il dogma della crescita infinita che assicura profitto infinito per pochi condannando i molti alla catastrofe.

(dm)

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